cedolare secca e canone concordato
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Come applicare la cedolare secca a locazioni con canone concordato

Last Updated on Settembre 26, 2024

Con questa guida scopriremo come e quando applicare la cedolare secca a locazioni con canone concordato, ma prima di andare al cuore dell’argomento facciamo due premesse preliminari per fugare tutti i dubbi.

In che cosa consiste la cedolare secca

Per cedolare secca si intende un regime di tassazione che può essere scelto dai proprietari di immobili concessi in affitto quando gli stessi rinunciano agli aggiornamenti del canone di locazione comprendenti gli aumenti ISTAT.

Optare per questo metodo di tassazione conviene sostanzialmente sia al proprietario che all’inquilino: al primo in quanto è tenuto a versare somme più contenute all’Agenzia delle Entrate e al secondo perché è sicuro che il canone d’affitto non aumenta per tutta la durata del contratto.

Che cosa si intende per contratto di locazione agevolato

Il contratto di locazione agevolato, chiamato anche a canone concordato, consiste in un contratto secondo cui il proprietario non può stabilire autonomamente l’importo dell’affitto, ma deve attenersi a determinate tabelle elaborate secondo accordi locali delle organizzazioni di categoria.

Se da un lato l’importo riscosso è inferiore, dall’altro anche le tasse calcolate sono inferiori poiché viene offerto un ribasso dell’IMU pari al 25% e uno sconto sulla base imponibile pari al 30%, in grado di abbattere sensibilmente le quote IRPEF da versare al Fisco.

Contratto locazione agevolato con cedolare secca

Dopo queste brevi premesse entriamo nello specifico della questione. Nel caso in cui il locatore abbia scelto la cedolare secca, il reddito percepito da un affitto a canone concordato viene tassato al 10% contro il 21% richiesto dal canone libero.

Tra i requisiti previsti dal contratto di locazione agevolato c’é la durata, regolamentata dalla formula 3+2, consistente in una prima fase corrispondente a 3 anni, a cui fa seguito un rinnovo di 2 anni.,

Come indica il termine “canone concordato”, il suo ammontare viene stabilito tenendo in considerazione uno specifico range, fissato di norma dal Comune di pertinenza secondo determinati indici territoriali.

Il calcolo della cifra dell’affitto tiene in considerazione alcuni fattori, che sono:

  • superficie calpestabile totale dell’immobile;
  • localizzazione dell’immobile;
  • anno di costruzione;
  • condizioni dell’immobile (nuovo, semi-nuovo, da ristrutturare);
  • presenza di elementi accessori (terrazze, balconi, giardini, cantina, solaio e garage);
  • disponibilità dell’ascensore;
  • vicinanza a servizi e mezzi di comunicazione;
  • tipo di contesto urbano (centrale, periferico, extra-urbano).

Anche l’imposta sui rifiuti (TARI) risulta agevolata in caso di affitti a canone concordato, secondo valori stabiliti a discrezione dei singoli Comuni e secondo normative locali.

L’aliquota al 10% della cedolare secca viene richiesta nei seguenti casi:

  • affitto a canone concordato;
  • comuni ad elevata densità abitativa;
  • comuni colpiti da calamità naturali;
  • comuni con carenza di soluzioni abitativi.

In tali situazioni l’obiettivo da raggiungere rimane quello di incentivare i proprietari a mettere a disposizione immobili vuoti e nello stesso tempo di evitare il dannoso fenomeno degli affitti in nero.

Quando si può stipulare il contratto concordato con cedolare secca?

Non sempre è possibile stipulare un contratto di locazione agevolata con cedolare secca al 10% dato che i proprietari che ne possono usufruire sono soltanto persone fisiche che percepiscono redditi prodotti dalla locazione di immobili per uso abitativo non collegati all’esercizio di imprese professionali.

Si tratta di un discriminante fondamentale che ha consentito di stabilire una netta demarcazione tra affitti per scopi abitativi e per altre finalità.

A questo proposito ci si riferisce quindi unicamente alla categoria catastale “A”, esclusa la A10 e tutti gli immobili inseriti in una differente categoria catastale, con particolare riguardo a quelli adibiti ad uso promiscuo.

Bisogna poi tenere conto del fatto che contratti d’affitto del genere possono avere durate differenti, e cioé:

  • classica durata 3+2 per uso residenziale;
  • 6-36 mesi per studenti universitari;
  • 1-18 mesi per lavoratori fuori sede.

La possibilità di servirsi di un immobile a canone calmierato ha effettivamente incentivato le richieste da parte di molte persone che precedentemente avevano optato per soluzioni non certificate.

Questo aumento del giro d’affari presuppone un maggior numero di contatti tra domanda e offerta.

Per semplificare queste procedure, Zappyrent si offre come una valida alternativa alle agenzie immobiliari in quanto si pone come intermediario tra proprietari e inquilini, senza i costi richiesti dalle agenzie immobiliari.

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Cedolare secca e canone concordato: come funziona

L’opzione di scegliere la tassazione agevolata al 10% della cedolare secca rappresenta uno dei maggiori vantaggi offerti dagli affitti a canone concordato.

Questo equo canone deve rispettare limiti minimi e massimi di affitto, che vengono imposti dalle normative Comunali relative al settore, e stabilite in base a tabelle di pertinenza.

Introdotta ormai da qualche anno dal Decreto Casa allo scopo di combattere la piaga degli affitti in nero, la cedolare secca al 10% si è rivelata una scelta vincente, soprattutto per quanto riguarda le locazioni a studenti universitari.

Finalizzata anche a un effettivo rilancio del settore immobiliare, già duramente penalizzato per la crisi finanziaria, questa agevolazione fiscale consente ai proprietari di stipulare contratti a canone concordato ottenendo un vantaggioso riscontro economico.

Il funzionamento della cedolare secca al 10% consente di risparmiare sull’esborso relativo alle seguenti imposte:

  • aliquote IRPEF;
  • addizionali IRPEF;
  • imposta di bollo;
  • imposta di registro.

La sua applicazione è comunque condizionata da alcuni presupposti che ne limitano l’impiego a determinate situazioni.

L’Agenzia delle Entrate infatti ha voluto tutelare entrambe le parti contraenti (locatore e locatario) da eventuali illeciti che potrebbero verificarsi in sede di stipula del contratto.

Le condizioni d’utilizzo della cedolare secca al 10% sono infatti limitate tassativamente a contesti abitativi e a determinate situazioni:

  • evidente disparità tra domanda e offerta di alloggi;
  • contesti urbani densamente abitati e quindi con poche disponibilità ricettive;
  • centri localizzati in zone a rischio sismico;
  • centri di piccole dimensioni e quindi con limitate offerte.

Per sapere come funziona questo sistema di tassazione agevolata è necessario ricordare che non tutti i contratti di locazione ne possono usufruire, dato che sono soltanto quelli transitori ad essere autorizzati.

Nella gestione della cedolare secca al 10% è poi importante valutare lo scaglione di reddito in cui rientra il proprietario dell’immobile, poiché anche il canone d’affitto influisce sul reddito annuale.

In linea generale si può comunque affermare che essa è in ogni caso l’opzione più vantaggiosa in quanto il risparmio effettivo è quantificabile in cifre molto interessanti.

Tra l’altro il suo pagamento prevede una modalità di versamento nell’anno successivo al primo d’affitto dell’abitazione, dilazionando in tal modo le cifre richieste.

Quando si applica la cedolare secca al 10%?

Entrata in vigore dall’anno 2014, la cedolare secca al 10% si applica sugli affitti con aliquota ridotta per tassare immobili locati a scopo abitativo a canone concordato (equo canone).

Prima di decidere se utilizzare questo sistema di tassazione agevolata a fronte di un affitto che non può essere deciso autonomamente dal proprietario, è chiaro che il locatore deve capire quando e come si applica.

Maggiori entrate derivanti da affitti liberi risultano più tassate non soltanto perché la cifra riscossa è più alta, ma anche in quanto la percentuale richiesta slitta al 21% oppure, il alcuni casi, anche al 23%.

Bisogna poi tenere conto dell’incidenza delle aliquote IRPEF, IMU e delle quote della TARI, che complessivamente possono raggiungere cifre considerevoli nei casi in cui il proprietario si orienti verso il canone libero.

La cedolare secca al 10% è stata correttamente definita come imposta sostitutiva “piatta” proprio in riferimento al fatto che in un certo modo appiattisce le spese, non incidendo troppo sugli esborsi.

Per capire quando è conveniente applicare questa tassazione bisogna calcolare se il risparmio derivante dalla riduzione della tassazione compensa la riduzione del canone d’affitto percepito.

La cedolare inoltre non rispetta il principio di progressività dell’imposta, un altro fattore di cui tenere conto nel momento in cui si decide quando è vantaggiosa la sua applicazione.

Chi ha un reddito più alto può godere di un risparmio maggiore, e quindi i proprietari di un certo numero di immobili di norma dovrebbero optare per questa tassazione.

I benefici economici dei locatori sono stati pensati per incentivare l’impiego del canone concordato, una scelta che si traduce poi in benefici anche per il locatario.

Mentre tale risparmio è effettivo fin da subito per il proprietario, viene traslato soltanto in un secondo tempo sull’inquilino, con la richiesta di un affitto calmierato.

Concludendo dunque, per decidere quando applicare la cedolare secca al 10% è sempre necessario calcolare preventivamente il reale rapporto tra risparmio delle tassazioni e mancato introito da affitto concordato.

Tra le varianti da considerare c’è soprattutto lo stato dell’abitazione che, in caso fosse in condizioni non ottimali, può spingere verso l’opzione dell’equo canone.

Quanto dura il contratto d’affitto a canone concordato con cedolare secca?

L’affitto a canone concordato prevede una durata di tre anni più due anni di rinnovo automatico, soltanto se nei primi tre anni non viene data disdetta entro i tempi stabiliti dal contratto di locazione.

Al termine degli ulteriori due anni, il locatore e l’inquilino possono decidere se rinnovare ancora il contratto oppure se concluderlo.
I cinque anni sono comunque obbligati, a meno che non intervenga una disdetta.

Secondo quanto riportato dal Decreto Crescita, i contratti d’affitto di questo genere dopo il primo rinnovo automatico di 2 anni (che comunque dipende anche dalla volontà del locatario), può terminare per esigenze del proprietario della casa.

Egli infatti ha il diritto di non rinnovare il contratto per i seguenti motivi:

  • comprovata necessità dell’immobile;
  • inquilino non occupa stabilmente la casa senza motivazioni plausibili;
  • l’immobile deve essere ristrutturato e richiede interventi di manutenzione non procrastinabili;
  • vendita dell’immobile.

Il preavviso richiesto ad entrambe le parti per interrompere il contratto è di almeno sei mesi, al di sotto dei quali non è possibile procedere legalmente.

Se invece non viene data disdetta, il contratto d’affitto a canone concordato con cedolare secca si rinnova automaticamente di biennio in biennio, fino al momento in cui subentra l’interruzione.

L’attuazione di un termine più breve oppure la mancata indicazione della scadenza regolare comportano la nullità della clausola di rinnovo.

Un’alternativa a questa opzione, che è quella maggiormente utilizzata, è quella dell’affitto transitorio a lavoratori fuori sede, che prevede una stipula da 1 mese a un anno e mezzo.

In tali situazioni l’Agenzia delle Entrate consente di applicare la cedolare secca al 10% soltanto se il canone d’affitto corrisponde alle tabelle Comunali.

Per gli studenti universitari generalmente le locazioni sono quasi sempre a canone libero (con cedolare secca del 21%) e soltanto in rari casi a equo canone, con durata compresa tra sei e trentasei mesi.

Tenendo conto che affitti del genere hanno prezzi più bassi di quelli di mercato, i proprietari tendono a valutare nel breve periodo se conviene rinnovare il contratto.

In questi casi risulta ancora più fondamentale l’esigenza di selezionare con cura i potenziali inquilini, a tutela dei proprietari. Nello stesso tempo anche gli inquilini stessi vogliono avere determinate garanzie prima di firmare il contratto.

È proprio in questa ottica che si inserisce la professionalità di Zappyrent, l’intermediario ideale tra locatore e locatario che si sostituisce alle agenzie immobiliari. Grazie a una gestione autonoma e competente, questo portale è in grado di mettere in contatto, dopo una preventiva selezione, proprietari e inquilini.

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L’affitto a canone concordato con cedolare secca conviene?

Tra i requisiti della cedolare secca al 10% quello che sta maggiormente a cuore ai proprietari è relativa alla sua convenienza, senza tralasciare il fatto che anche gli inquilini possono trarre vantaggi considerevoli.

Come accennato questo metodo di tassazione agevolata prevede, per il locatore, un’aliquota “piatta” del 10% sull’importo annuale degli affitti, una riduzione di IRPEF, IMU e Imposta sui Rifiuti (TARI), oltre alla mancanza dell’imposta di registro e di bollo.

Il locatario a sua volta può contare su un affitto calmierato e decisamente inferiore non soltanto a quello a canone libero ma anche a quello di mercato.

Inoltre può sfruttare una detrazione fiscale che, a seconda dei suoi redditi effettivi (e comprovati dalla Denuncia dei Redditi), corrisponde a 495,80 euro se il reddito non supera 15493,71 euro, oppure a 247,90 euro in caso di reddito compreso tra 15493,71 e 30987,41 euro.

Per decidere se orientarsi verso un contratto d’affitto concordato con cedolare secca al 10% è sempre necessario valutare con attenzione tutti gli aspetti economici relativi alle potenziali entrate realizzabili con affitto libero paragonandole agli esborsi per le tassazioni fiscali.

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