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Spese di registrazione del contratto di locazione: quali sono i costi e chi paga?

Last Updated on Giugno 10, 2024

Hai sottoscritto un contratto di locazione e ti stai chiedendo quali adempimenti prevede la legge dopo aver concluso l’accordo? Chi è tenuto ad effettuare la registrazione e, quindi, a sostenere le relative spese? Paga il proprietario o l’inquilino?

Facciamo chiarezza sull’argomento e vediamo qual è l’iter da seguire, chi sono i soggetti obbligati e quali sono le conseguenze della mancata registrazione.

1. Le spese di registrazione del contratto di affitto

Secondo quanto stabilito dalla Legge, il contratto di locazione con durata superiore a 30 giorni è soggetto a registrazione, le cui spese comprendono anche il versamento dell’imposta di registro e di bollo, nell’ammontare commisurato al valore del contratto.

Subito dopo la stipula di un contratto di affitto, infatti, il nostro ordinamento prevede che l’accordo venga reso “ufficiale” tramite la registrazione dell’atto privato, da effettuare presso l’Agenzia delle Entrate competente per territorio, ovvero l’ufficio del luogo dove si trova fisicamente l’immobile.

1.1 La disciplina relativa alla registrazione dei contratti di locazione

La Legge di Stabilità del 2016, tra le altre disposizioni, ha introdotto alcune importanti novità fiscali riguardanti le modalità di esecuzione della registrazione e il versamento della tassa di registrazione del contratto di affitto immobiliare.
Nella fattispecie, la legge prevede l’obbligo esclusivo a carico del proprietario dell’immobile di provvedere alla registrazione entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di stipulazione del contratto.

Nei successivi 60 giorni dalla registrazione, il locatore dovrà, tramite PEC o raccomandata a/r,
dare “documentata comunicazione” dell’avvenuta registrazione sia all’affittuario che
, nel caso di appartamento sito in edificio in comproprietà, all’amministratore del condominio. In particolare, la comunicazione obbligatoriamente prevista per legge anche nei confronti dell’amministratore di condominio, rileva ai fini degli obblighi di quest’ultimo di tenere aggiornata la cd. “anagrafe condominiale”(art. 1130, c.6, Cod. civ.), che raccoglie i dati relativi ai singoli proprietari e ai titolati di diritti personali di godimento di uno degli immobili appartenenti allo stabile, categoria nella quale rientrano anche gli inquilini.

1.2 Quanto costa registrare un contratto di locazione?

L’ammontare del costo di registrazione dipende dalla tipologia di affitto e varia, appunto, in base al contenuto dell’accordo stipulato: per gli immobili ad uso abitativo, l’imposta dovuta è pari al 2% del canone annuo, moltiplicato per il numero delle annualità previste nel contratto di locazione.

Bisogna rilevare che, prima della riforma operata dalla Legge di Stabilità, la disciplina della registrazione dei contratti di locazione prevedeva che l’obbligo di pagare le spese di registrazione ricadesse su tutte le parti contraenti, quindi non sul solo proprietario, che è il soggetto individuato dalle norme come obbligato a procedere alla registrazione del contratto. Da ciò si può dedurre che, in mancanza di disposizioni innovative, l’obbligo del pagamento delle spese relative alla registrazione rimane in capo a tutte le parti del contratto e tale responsabilità è da considerarsi solidale. Ma di ciò che, concretamente, comporta questa solidarietà, ci occuperemo in seguito.

2. L’imposta di registro e il costo di registrazione del contratto nell’ipotesi di cedolare secca

Contestualmente alla registrazione, la Legge prevede che venga versata l’imposta di registro, il cui importo, secondo il regime ordinario di tassazione di un immobile è commisurato al valore della locazione.

Il costo dell’imposta di registro, anche per il 2020, varia a seconda della tipologia dell’immobile: nella fattispecie che ci riguarda, per i fabbricati ad uso abitativo, l’aliquota viene calcolata ancora al 2% del canone annuo, moltiplicato per ciascuna annualità prevista nel contratto di locazione.

È dovuta anche l’imposta di bollo, dovuta in misura pari a 16 euro ogni 4 facciate o, comunque, ogni 100 righe scritte del contratto.

2.1 Cosa succede in caso di cedolare secca?

Quando si conclude un contratto d’affitto è possibile, se lo si vuole, adottare un regime di tassazione alternativo a quello ordinario, ovvero il regime di cedolare secca. Sostanzialmente, questa facoltà consente il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali e, in più, evita di dover versare l’imposta di registro e quella di bollo.

La scelta del sistema di tassazione della cedolare secca può essere effettuata per le unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 ad A11 (esclusa la A10, relativa a studi professionali privati e uffici). L’immobile oggetto del contratto deve essere concesso in locazione per uso abitativo e, con la cedolare secca, il proprietario rinuncia all’adeguamento ISTAT del canone.

Attenzione: al locatore è concessa la facoltà di revocare l’opzione della cedolare secca e rientrare nel regime fiscale ordinario; questa possibilità può essere esercitata dal proprietario entro 30 giorni dalla scadenza di ciascuna annualità e implica il pagamento dell’imposta di registro, qualora sia dovuta. Viceversa, è sempre possibile esercitare di nuovo l’opzione della cedolare secca nelle annualità successive a quando è stata revocata, avvalendosi ancora una volta del regime alternativo.

I vantaggi della cedolare secca rilevano anzitutto all’inizio del contratto di locazione, perché si evita di versare entrambe le imposte dovute, ovvero l’imposta di registro e quella di bollo. Per l’inquilino, inoltre, il valore aggiunto della cedolare secca consiste nella opportunità di non subire variazioni del canone di affitto. A livello fiscale, inoltre, la cedolare secca non si cumula con gli altri redditi, avendo un’aliquota fissa: quindi, il proprietario che separa i redditi di locazione con cedolare secca da altri redditi percepiti, si troverà a pagare un’aliquota inferiore (calcolata dal 10 al 21%) rispetto a quella che varia in base al reddito e che parte già dal 23%.

La recente Legge di Bilancio 2020 ha esteso l’opzione della cedolare secca alle locazioni brevi e quindi anche ai proprietari di casa che stipulano locazioni di durata inferiore a 30 giorni e per le quali non è necessario procedere alla registrazione del contratto.

3. Spese di registrazione del contratto di affitto, chi paga?

Come abbiamo visto in precedenza, la Legge prevede che l’obbligo di adempiere alla registrazione del contratto di locazione ricada, in via esclusiva, sul proprietario dell’immobile.

La registrazione può materialmente essere effettuata recandosi personalmente presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente, oppure rivolgendosi ad in intermediario autorizzato, come un professionista del settore legale o fiscale, un CAF o, ancora, un’associazione di categoria; ma è possibile effettuare la registrazione anche in forma telematica, mediante i servizi online reperibili sul sito web dell’Agenzia delle Entrate.

Ma a chi spetta pagare le spese di registrazione, al proprietario dell’appartamento o all’inquilino?

Stando a quanto previsto dalla disciplina delle locazioni di immobili urbani (Legge n. 392/78, art. 8), le spese di registrazione del contratto di affitto sono a carico del proprietario e dell’inquilino in parti uguali, mentre le spese dell’imposta di bollo gravano solo sull’inquilino.

Il locatore, se crede, può decidere di farsi carico dell’intera spesa, escludendo il conduttore, mentre è nullo qualunque accordo che stabilisca l’inverso: in poche parole, in sede di accordo ufficiale, il proprietario non potrà mai imporre all’inquilino di prendersi l’impegno di pagare per intero le spese relative alla registrazione del contratto.

Dal punto di vista fiscale, dunque, le parti del contratto sono responsabili in maniera solidale: ciò comporta che, se il locatore non adempie al pagamento della sua parte di spesa relativa alle imposte di registrazione del contratto di locazione, il Fisco potrà rivalersi sul conduttore per ottenere il pagamento, con possibilità di successiva azione di rivalsa contro il locatore.

4. Conseguenze del mancato adempimento dell’obbligo di registrazione

Senza registrazione, il contratto di locazione si considera inesistente. Ma non solo: la Legge prevede importanti sanzioni fiscali per i casi in cui gli obblighi relativi alla registrazione non vengano adempiuti o sussistano irregolarità nelle dichiarazioni relative al contratto di locazione.

Nello specifico:

• in caso di omessa registrazione, viene erogata una sanzione il cui ammontare varia dal 120 al 240% dell’imposta dovuta e non versata;
• anche nel caso in cui venga dichiarato un canone mensile inferiore a quello realmente concordato dalle parti, la sanzione varia dal 120 al 240% dell’imposta dovuta;
• nel caso di registrazione tardiva, ossia effettuata in ritardo rispetto ai termini previsti dalla disciplina in materia, la sanzione varia a seconda della gravità del ritardo:

– per 30 giorni di ritardo è pari al 6% dell’imposta dovuta,
– per 90 giorni di ritardo sarà pari al 12%,
– per 365 giorni di ritardo è pari al 15%,
– per un ritardo superiore a 1 anno ma inferiore a 2, è pari al 17,14%,
– con oltre 2 anni di ritardo, l’ammontare della sanzione sale al 20% dell’imposta omessa.

La Giurisprudenza della Corte di Cassazione, con numerose sentenze concordi, ha comunque chiarito un punto fondamentale: la registrazione tardiva del contratto di affitto (ovvero oltre i termini di legge), effettuata tramite l’istituto del ravvedimento operoso e versando le somme dovute a titolo d’imposta, assegna comunque validità retroattiva al contratto, sanando così la sua inesistenza.

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